PIER PAOLO PASOLINI
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LA VITA
Pier Paolo Pasolini nasce il 5 marzo del 1922 a Bologna. Primogenito di Carlo Alberto Pasolini, tenente di fanteria, e di Susanna Colussi, maestra elementare. Il padre, di vecchia famiglia ravennate, di cui ha dissipato il patrimonio sposa Susanna nel dicembre del 1921 a Casarsa. Dopodiche' gli sposi si trasferiscono a Bologna.
"Sono
nato in una famiglia tipicamente rappresentativa della societa' italiana: un
vero prodotto dell'incrocio... Un prodotto dell'unita' d'Italia.
P.P.
Pasolini, Il sogno del centauro, a cura di Jean Duflot, Editori Riuniti, Roma
1983, pag. 17
Pier
Paolo vive con la madre un rapporto di simbiosi, mentre si accentuano i contrasti
col padre.
agli
occhi. Mio padre mi immobilizzava sul tavolo della cucina, mi apriva l'occhio
con le dita e mi versava dentro il collirio. E' da quel momento simbolico che
ho cominciato a non amare piu' mio padre"
Intervista
a Dacia Maraini in "Vogue", maggio 1971
Riferendosi
alla madre:
"Mi
raccontava storie, favole, me le leggeva. Mia madre era come Socrate per me.
Aveva e ha una visione del mondo certamente idealistica e idealizzata. Lei crede
veramente nell'eroismo, nella carita', nella pieta', nella generosita'. Io ho
assorbito tutto questo in maniera quasi patologica".
Intervista
a Dacia Maraini in "Vogue", maggio 1971
Con
il fratello Guido vive un rapporto di amicizia. Il fratello minore vive in una
sorta di venerazione per il maggiore: bravo nello studio e nei giochi con gli
altri ragazzi. Questa ammirazione accompagnera' Guido fino al giorno della sua
morte.
I
primi anni di scuola sono compiuti tra innumerevoli trasferimenti che, comunque,
non intaccano il rendimento scolastico di Pier Paolo. Frequenta la scuola elementare
con un anno d'anticipo. Nel 1928 e' l'esordio poetico: Pier Paolo annota su
un quadernetto una serie di poesie accompagnate da disegni. Il quadernetto,
a cui ne seguirono altri, andra' perduto nel periodo bellico.
Ottiene
il passaggio dalle elementari al ginnasio che frequenta a Conegliano.
Di
quegli anni il passo noto come Teta veleta, che Pasolini piu' tardi spieghera'
in questo modo:
"Fu
a Belluno, avevo poco piu' di tre anni. Dei ragazzi che giocavano nei giardini
pubblici di fronte a casa mia, piu' di ogni altra cosa mi colpirono le gambe
soprattutto nella parte convessa interna al ginocchio, dove piegandosi correndo
si tendono i nervi con un gesto elegante e violento. Vedevo in quei nervi scattanti
un simbolo della vita che dovevo ancora raggiungere: mi rappresentavano l'essere
grande in quel gesto di giovanetto corrente. Ora so che era un sentimento acutamente
sensuale. Se lo riprovo sento con esattezza dentro le viscere l'intenerimento,
l'accoratezza e la violenza del desiderio. Era il senso dell'irraggiungibile,
del carnale - un senso per cui non e' stato ancora inventato un nome -. Io lo
inventai allora e fu "teta veleta". Gia' nel vedere quelle gambe piegate
nella furia del gioco mi dissi che provavo "teta veleta", qualcosa
come un solletico, una seduzione, un'umiliazione"
P.P.
Pasolini, in Nico Naldini, Cronistoria, cit., pag XVI
Lo
stesso Pasolini precisera':
"La
mia infanzia finisce a 13 anni. Come tutti: tredici anni e' la vecchiaia dell'infanzia,
momento percio' di grande saggezza. Era un momento felice della mia vita. Ero
stato il piu' bravo a scuola. Cominciava l'estate del '34. Finiva un periodo
della mia vita, concludevo un'esperienza ed ero pronto a cominciarne un'altra.
Questi giorni che hanno preceduto l'estate del '34 sono stati tra i giorni piu'
belli e gloriosi della mia vita"
P.P.
Pasolini, in AA.VV., Pasolini, una vita futura, Ass. Fondo Pasolini, Garzanti,
Milano, 1985
Pier
Paolo conclude gli studi liceali e a 17 anni si iscrive all'Universita' di Bologna,
facolta' di lettere. Negli anni del liceo da' vita, insieme a Luciano Serra,
Franco Farolfi, Ermes Parini (di cui Guido Pasolini prendera' a prestito il
nome per la sua militanza partigiana nella Osoppo), Fabio Mauri, ad un gruppo
letterario per la discussione di poesie. Collabora a "Il Setaccio",
il periodico del GIL bolognese. In questo periodo Pasolini scrive poesie in
friulano e in italiano, che saranno raccolte in un primo volume, Poesie a Casarsa.
P.
partecipa a una rivista, "Stroligut", con altri amici letterati friulani,
con cui ha creato la "Academiuta di lenga frulana". Il dialetto rappresenta
una sorta di opposizione al potere fascista:
P.P.
Pasolini, il poeta delle ceneri, a cura di Enzo Siciliano,
in "nuovi argomenti" n. 67-68, Roma, luglio dicembre 1980.
a
Casarsa rappresenta, negli anni dell'universita', il ritorno ad un luogo felice
per Pasolini. Scrive a Silvana Ottieri in una lettera dell'aprile '47:
LA
GUERRA E LA MORTE DI GUIDO
Lettera
al pittore De Rocco, autunno '44
P.P.P.
Lettere agli amici, a cura di Luciano Serra, Milano 1976, lett. IX passim.
Guido
non accetta di rimanere nascosto a Versuta. Pier Paolo accompagna Guido alla
stazione, dopo aver preso un biglietto per Bologna, in modo da sviare i sospetti.
Da Spilimbergo raggiunge Pielungo aggregandosi alla divisione partigiana Osoppo.
Assume il nome di battaglia di Ermes, il nome di Parini, uno degli amici di
Pier Paolo disperso nella campagna di Russia.
Tra
i vari gruppi della resistenza antifascista friulana nascono conflitti intestini.
I comunisti delle brigate garibaldine premono per un'annessione del Friuli alla
Jugoslavia titoista, mentre la brigata Osoppo si fa paladina della italianieta'
del Friuli. Guido scrive in proposito a Pier Paolo, perche' si impegni, con
suoi articoli, a difendere le posizioni della Osoppo. Pasolini non scrivera'
mai quegli articoli.
Nel
febbraio del 1945 Guido viene massacrato, insieme al comando della divisione
osavana. I fatti avvengo nelle malghe di Porzus: un centinaio di garibaldini
si avvicinano fingendosi degli sbandati, catturano quelli della Osoppo e li
passano per le armi. Guido, seppure ferito, riesce a fuggire e viene ospitato
da una contadina. Viene trovato dai garibaldini, trascinato fuori e massacrato.
La famiglia Pasolini sapra' della morte e delle circostanze solo a conflitto
terminato. Scrive Pasolini:
Sulle
montagne, tra il Friuli e la Jugoslavia, Guido combatte' a lungo, valorosamente,
per alcuni mesi: egli si era arruolato nella divisione Osoppo, che operava nella
zona della Venezia Giulia insieme alla divisione Garibaldi. Furono giorni terribile:
mia madre sentiva che Guido non sarebbe tornato piu'. Cento volte egli avrebbe
potuto cadere combattendo contro i fascisti e i tedeschi: perche' era un ragazzo
di una generosita' che non ammetteva nessuna debolezza, nessun compromesso.
Invece era destinato a morire in un modo piu' tragico ancora.
Lei
sa che la Venezia Giulia e' al confine tra l'Italia e la Jugoslavia: cosi',
in quel periodo, la Jugoslavia tendeva ad annettersi l'intero territorio e non
soltanto quello che, in realta', le spettava. Mio fratello, pur iscritto al
partito d'azione, pur intimamente socialista (e' certo che oggi sarebbe stato
al mio fianco), non poteva accettare che un territorio italiano, com'e' il Friuli,
potesse essere mira del nazionalismo jugoslavo. Si oppose, e lotto'. Negli ultimi
mesi, nei monti della Venezia Giulia la situazione era disperata, perche' ognuno
tra due fuochi. Come lei sa, la Resistenza jugoslava, ancor piu' che quella
italiana, era comunista: sicche' Guido, venne a trovarsi come nemici gli uomini
di Tito, tra i quali c'erano anche degli italiani, naturalmente le cui idee
politiche egli in quel momento sostanzialmente condivideva, ma di cui non poteva
condividere la politica immediata, nazionalistica.
Egli
mori' in un modo che non mi regge il cuore di raccontare: avrebbe potuto anche
salvarsi, quel giorno: e' morto per correre in aiuto del suo comandante e dei
suoi compagni. Credo che non ci sia nessun comunista che possa disapprovare
l'operato dell'operato del partigiano Guido Pasolini. Io sono orgoglioso di
lui, ed e' il ricordo di lui, della sua generosita', della sua passione, che
mi obbliga a seguire la strada che seguo. Che la sua morte sia avvenuta cosi',
in una situazione complessa e apparentemente difficile da giudicare, non mi
da' nessuna esitazione. Mi conferma soltanto nella convinzione che nulla e'
semplice, nulla avviene senza complicazioni e sofferenze: e che quello che conta
soprattutto e' la lucidita' critica che distrugge le parole e le convenzioni,
e va a fondo nella cose, dentro la loro segreta e inalienabile verita'".
La
livertat, l'Itaia
e
quissa diu cual distin disperat
a
ti volevin
dopu
tant vivut e patit
ta
quistu silensiu
Cuant
qe i traditours ta li Baitis
a
bagnavin di sanc zenerous la neif,
"Sçampa
- a ti an dita - no sta torna' lassu'"
I
ti podevis salvati,
ma
tu
i
no ti às lassat bessòi
i
tu cumpains a muri'.
"Sçampa,
torna indavour"
I
te podevis salvati
ma
tu
i
ti soso tornat lassu',
çaminant.
To
mari, to pari, to fradi
lontans
cun
dut il to passat e la to vita infinida,
in
qel di' a no savevin
qe
alc di pi' grant di lour
al
ti clamava
cu'l
to cour innosent
"Egli
fini' cosi' a Casarsa, in una specie di nuova prigionia: e comincio' la sua
agonia lunga una dozzina di anni"
Il
profilo autobiografico in ritratti su misura di scrittori italiani, a cura di
E.F. Accrocca, Venezia, 1960
Ecco
come, anni dopo, la morte di Guido viene strumentalizzata dai giornali della
destra italiana, allo scopo di attaccare, per l'ennesima volta e con l'ennesimo
canagliesco cinismo, Pasolini:
"Pier
Paolo, scrittore marxista, impugna le idee e difende i sistemi dei massacratori
di suo fratello" Secolo
d'Italia - 24 settembre 1960
"Il
fratello di Pasolini fu ucciso dai comunisti. Avrebbe chiesto invano aiuto al
fratello Pier Paolo" Il
Tempo - 26 marzo 1970
L'immediato
dopoguerra
Nel
1945 Pasolini si laurea discutendo una tesi intitolata "Antologia
della lirica pascoliniana (introduzione e commenti) e si stabilisce definitivamente
in Friuli. Qui trova lavoro come insegnante in una scuola media di Valvassone,
in provincia di Udine.
In
questi anni comincia la sua militanza politica. Nel 1947 si avvicina al PCI,
cominciando la collaborazione al settimanale del partito "Lotta e lavoro".
Le circostanze della morte del fratello Guido rappresentano sicuramente una
difficolta' da superare per l'adesione al PCI. Pasolini comunque ha sempre evitato
strumentalizzazioni di quella faccenda, gli sembrava di infangare la memoria
di Guido. Pier Paolo dovra' giustificare quell'adesione anche verso la madre
e il padre, il quale incolpava la moglie di aver permesso che Guido frequentasse
degli sbandati.
L'adesione
al PCI rappresenta per il giovane poeta un atto di profondo coraggio: intendeva
con cio' sacrificare il profondo dolore inferto a se e alla propria famiglia,
a un ideale sociale da condividere in pieno con quello stesso PC friulano che
guido', politicamente, gli assassini del fratello.
Pasolini
diventa segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa, ma non viene visto
di buon occhio nel partito, e soprattutto dagli intellettuali comunisti friulani.
Questi ultimi scrivono soggetti politici servendosi della lingua del novecento,
mentre Pasolini scrive con la lingua del popolo senza cimentarsi per forza in
soggetti politici. Agli occhi di molti tutto cio' risulta inammisibile: in P.
molti comunisti vedono un sospetto di disinteresse per il realismo socialista,
un certo cosmopolitismo, e un'eccessiva attenzione per la cultura borghese.
In
questi anni P. conosce il pittore Zigaina, cui rimmarra' legato per tutto il
resto della sua vita da una profonda amicizia.
Questo
periodo, il periodo della militanza comunista, e' l'unico in cui P. si sia impeganto
attivamente nella lotta politica. Di questi anni i manifesti murali disegnati
e scritti da Pier Paolo Pasolini; scritti di denuncia contro il costituito potere
demoscristiano.
Il
15 ottobre del 1949 P. viene segnalato ai Carabinieri di Cordovado per corruzione
di minorenne: e' l'inizio di una delicata ed umiliante trafila giudiziaria che
cambiera' per sempre la vita di Pasolini. Dopo questo processo molti altri ne
seguirono, ma e' lecito pensare che se non vi fosse stato questo primo procedimento
gli altri non sarebbero seguiti.
P.
viene accusato di essersi appartato il 30 settembre 1949 nella frazione di Ramuscello
con due o tre ragazzi. I genitori dei ragazzi non sporgono denuncia ma i Carabinieri
di Cordovado venuti a sapere delle voci che girano in paese indagano sul fatto.
E' un periodo di contrapposizioni molto aspre tra la sinistra e la DC, siamo
in piena guerra fredda e Pasolini, per la sua posizione di intellettuale comunista
e anticlericale rappresenta un bersaglio molto vulnerabile. La denuncia per
i fatti di Ramuscello viene ripresa sia dalla destra che dalla sinsitra: prima
ancora che si svolga il processo, il 26 ottobre 1949,
P. viene espulso in malomodo dal PCI. Questo quanto riportato da l'Unita'
del 29 ottobre:
"ESPULSO
DAL PCI IL POETA PASOLINI
La
federazione del PCI di Pordenone ha deliberato in data 26 ottobre l'espulsione
dal partito del Dott. Pier Paolo Pasolini di Casarza per indegnita' morale.
Prendiamo
spunto dai fatti che hanno determinato un grave provvedimento disciplinare a
carico del poeta Pasolini per denunciare ancora una volta le deleterie influenze
di certe correnti ideologiche e filosofiche dei vari Gide, Sartre e di altrettanto
decantati poeti e letterati, che si voglione atteggiare a progressisti, ma che
in realta' raccolgono i piu' deleteri aspetti della generazione borghese".
Pasolini
si trova proiettato nel giro di qualche giorno in un baratro apparentemente
senza uscita. La risonanza a Casarsa dei fatti di Ramuscello avra' una vasta
eco. Davanti ai carabinieri cerca di giustificare quei fatti, intrinsecamente
confermando le accuse, come una esperienza eccezionale, una sorta di sbandamento
intellettuale: questo non fa che peggiorare la sua posizione: espulso dal PCI,
perde il posto di insegnante, si incrina momentaneamente il rapporto con la
madre, e' la disfatta. Pasolini decide di fuggire da Casarsa, dal suo Friuli
spesso mitizzato; insieme alla madre si trasferiscono a Roma, e' l'inizio di
una nuova vita per Pier Paolo. Scrivera' in seguito:
"Fuggii
con mia madre e una valigia e un po' di gioie che risultarono false, / su un
treno lento come un merci, / per la pianura friulana coperta da un leggero e
duro strato di neve. / Andavamo verso Roma. / Andavamo dunque, abbandonato mio
padre / accanto a una stufetta di poveri, / col suo vecchio pastrano militare
/ e le sue orrende furie di malato di cirrosi e sindromi paranoidee. / Ho vissuto
quella / pagina di romanzo, l'unica della mia vita: / per il resto, / son vissuto
dentro una lirica, come ogni ossesso".
P.P.
Pasolini, il poeta delle ceneri, a cura di Enzo Siciliano, in "nuovi argomenti"
n. 67-68, Roma, luglio dicembre 1980.
Roma
P.P.
Pasolini, Il treno di Casarsa, in "FMR", n. 28, novembre 1984, Franco
Maria Ricci, Milano pag. 122.
Il
profilo autobiografico in ritratti su misura di scrittori italiani, a cura di
E.F. Accrocca, Venezia, 1960
Lettera
a Silvana Ottieri
Il
profilo autobiografico in ritratti su misura di scrittori italiani, a cura di
E.F. Accrocca, Venezia, 1960
Finalmente,
grazie al poeta il lingua abbruzzese Vittori Clemente trova lavoro come insegnante
in una scuola di Ciampino.
Sono
gli anni in cui P. trasferisce la mitizzazione delle campagne friulane nella
cornice disordinata della borgate romane, viste come centro della storia, da
cui prende spunto un doloroso processo di crescita: nasce il mito del sottoproletariato
romano.
"Sono
due o tre anni che vivo in un mondo dal sapore "diverso": corpo estraneo
e quindi definito di questo mondo, mi ci adatto con prese di coscienza molto
lente. Tra ibsnesiano e pascoliniano (per intenderci...) sono qui in una vita
tutta muscoli, rovesciata come un guanto, che si spiega sempre come una di queste
canzoni che una volta detestavo, assolutamente nuda di sentimentalismi, in organismi
umani cosi' sensuali da essere quasi meccanici; dove non si consoce nessuno
degli attegiamenti cristiani, il perdono, la mansuetudine ecc... e l'egoismo
prende forme lecite, virili (.....)
Nel
mondo settentrionale dove io sono vissuto, c'era sempre, e almeno mi pareva,
nel rapporto tra individuo e individuo, l'ombra di una pieta' che prendeva forme
di timidezza, di rispetto, di angoscia, di trasporto affettuoso ecc.: per vincolarsi
in un rapporto di amore bastava un gesto, una parola. Prevalendo l'interesse
verso l'intimo, verso la bonta' o la cattiveria che e' dentro di noi, non era
un equilibrio che si cercava tra persona e persona, ma uno slancio reciproco.
Qui tra questa gente ben piu' succube dell'irrazionale, della passione, il rapporto
e' sempre invece ben definito, si fasa su fatti piu' concreti: dalla forza muscolare
alla posizione sociale".
Lettera
a Silvana Ottieri
P.
prepara le antologie sulla poesia dialettale; collabora a "Paragone",
una rivista di Anna Banti e Roberto Longhi. Proprio su "Paragone"
P. pubblica la prima versione del primo capitolo di "Ragazzi di vita".
Angioletti
lo chiama a far parte della sezione letteraria del giornale radio, accanto a
Carlo Emilio Gadda, Leone Piccioni e Giulio Cartaneo. Sono definitivamente alle
spalle i difficili primi anni romani.
Nel
1954 P. abbandona l'insegnamento e si stabilisce a Monteverde Vecchio. Pubblica
il suo primo importante volume di poesie dialettali: "La meglio gioventu'".
Nel
1955 viene pubblicato da Garzanti il
romanzo "Ragazzi di vita", che ha un vasto successo, sia di critica
che di seguito. Il giudizio della cultura ufficiale del PCI e' in gran parte
negativo. Il libro viene definito intriso di "gusto morboso, dello sporco,
del'abbietto, dello scomposto, del torbido.."
La
Presidenza del Consiglio (nella persona dell'allora ministro degli interni,
Tambroni) promuove un'azione giudiziaria contro Pasolini e Livio Garzanti. Il
processo da' luogo all'assoluzione "perche' il fatto non costituisce reato".
Il libro, per un anno tolto alle librerie, viene dissequestrato.
Pasolini
diventa uno dei bersagli preferiti dai giornali di cronaca nera: viene accusato
di reati al limite del grottesco: favoreggiamento per rissa e furto; rapina
a mano armata ai danni di un bar limitrofo a un distributore di benzina a S.
Felice Circeo.
Nel
1957 Pasolini, insieme a Sergio Citti, collabora al film di Fellini, "Le
notti di Cabiria", stendendone i dialoghi nella parlata romana. Firma le
sceneggiature insieme a Bolognini, Rosi, Vancini e Lizzani, col quale esordisce
come attore nel film "Il gobbo" del 1960.
In
quegli anni P. collabora alla rivista "Officina" accanto a Leonetti,
Roversi, Fortini, Romano', Scalia. Nel 1957 pubblica
i poemetti "Le ceneri di Gramsci" per Garzanti, e l'anno successivo,
il 1958 per Longanesi, "L'usignolo della Chiesa cattolica". Nel 1960
Garzanti pubblica i saggi "Passione e ideologia", e nel 1961 un altro
volume in versi "La religione del mio tempo".
Nel
1961 P. realizza il suo primo film da regista e soggettista, "Accattone".
Il film viene vietato ai minori di anni diciotto e suscita non poche polemiche
alla XXII mostra del cinema di Venezia. Nel 1962 dirige "Mamma Roma".
Nel 1963 l'episodio "La ricotta" diretto
da Pasolini e inserito nel film "RoGoPaG", viene sequestrato e P.
e' impuato per reato di vilipendio alla religione dello Stato. Nel '64 dirige
"Il vangelo secondo Matteo"; nel '65
"Uccellacci e Uccellini"; nel '67 "Edipo
re"; nel '68 "Teorema"; nel
'69 "Porcile"; nel '70 "Medea";
tra il '70 e il '74 la triologia della vita, o del sesso, ovvero "Il Decameron",
"I racconti di Canterbury" e "Il
fiore delle mille e una notte"; per concludere col suo ultimo "Salo'
o le 120 giornate di Sodoma" nel 1975.
Il
cinema lo porta a intraprendere numerosi viaggi all'estero: nel 1961 e', con
Elsa Morante e Moravia, in india; nel 1962 in Sudan e Kenia; nel 1963 in Ghana,
Nigeria, Guinea, Israele e Giordania (da cui trarra' un documentario dal titolo
Sopralluoghi in Palestina).
Nel
1966, in occasione della presentazione di Accattone
e Mamma Roma
al festival di New York, compie il suo primo viaggio negli Stati Uniti;
rimane molto colpito da quel paese e soprattutto da New York. Confessera' a
Oriana Fallaci:
"Non
mi era mai successo di innamorarmi cosi' di un paese. Fuorche' in Africa, forse.
Ma in Africa vorrei andare e restare, per non ammazzarmi. Si', l'Africa e' come
una droga che prendi per non ammazzarti. New York invece e' una guerra che affronti
per ammazzarti"
Oriana
Fallaci, lettera a Pier Paolo Pasolini, in "Europeo", 14 novembre
1975
Nel
1968 P. e' di nuovo in India per girare un documentario. Nel 1970 torna in Africa:
in Uganda e Tanzania, da cui trarra' il documentario Appunti
per un'Orestiade africana.
Nel
1972, presso Garzanti, pubblica i suoi interventi critici, soprattutto di critica
cinematografica, nel volume Empirismo
eretico.
Negli
anni della contestazione studentesca Pasolini assume una posizione originale
rispetto al resto della cultura di sinistra. Seppure accetta e appoggia le motivazioni
ideologiche degli studenti, ritiene che questi siano antropologicamente dei
borghesi, ed in quanto tali destinati a fallire nel loro tentativo di rivoluzione.
Nel
1968 P. ritira dalla competizione del Premio Strega il suo romanzo Teorema
e accetta di partecipare alla XXIX mostra del cinema di Venezia solo dopo
che, come gli e' stato garantito, non ci saranno votazioni e premiazioni. P.
e' tra i maggiori sostenitori dell'Associazione Autori Cinematografici che si
batte per ottenere l'autogestione della mostra. Il 4 settembre il film Teorema viene proiettato per la critica in un clima arroventato. P.
interviene alla proiezione del film per ribadire che il film e' presente alla
Mostra solo per volonta' del produttore, ma in quanto autore prega i critici
di abbandonare la sala. Cio' non avviene. P. si rifiuta di partecipare alla
trazionale conferenza stampa, e invita i giornalisti nel giardino di un albergo
per parlare non del film, ma della situazione della Biennale.
Nel
1972 Pasolini decide di collaborare con i giovani di Lotta Continua, ed insieme
ad alcuni di loro, tra cui Bonfanti e Fofi, firma il documentario 12
dicembre.
Nel
1973 comincia la sua collaborazione al "Corriere della sera", con
interventi critici sui problemi del paese.
Nel
1970 P. acquista quel che resta di un castello medievale nei pressi di Viterbo.
Lo ristruttura e qui comincia la stesura della sua opera incompiuta Petrolio.
Nel 1975, presso Garzanti, pubblica la raccolta di interventi critici Scritti corsari, e ripropone le poesia friulana in una forma curiosa sotto il titolo di La nuova gioventu'.
La mortelLA
MORTE
La
mattina del 2 novembre 1975, sul litorale romane ad Ostia, in un campo incolto
in via dell'idroscalo, una donna, Maria Teresa Lollobrigida, scopre il cadavere
di un uomo. E' Ninetto Davoli a riconoscere il corpo di Pier Paolo Pasolini.
Perizia
compiuta sul cadavere di P., "Corriere della sera" del 2.11.77
Il
processo che ne segue porta alla luce retroscena inquietanti. Si paventa da
diverse parti il concorso di altri nell'omicidio. Non vi sara' mai chiarezza
su questo punto. Piero Pelosi viene condannato, unico colpevole, per la morte
di Pasolini.
"E' dunque assolutamente necessario morire, perche'
finche' siamo vivi manchiamo di senso, e il linguaggio della nostra vita (con
cui ci esprimiamo, e a cui dunque attribuiamo la massima importanza) e' intraducibile:
un caos di possibilita', una ricerca di relazioni e di significati senza soluzion
Solo
grazie alla morte, la nostra
vita ci serve ad esprimerci".
P.P. Pasolini, Empirismo eretico, pag. 241, Garzanti
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